Nell’ultimo film di Jacques Rivette, Storia di Marie e Julien (Histoire de Marie et Julien, 2003), l’orologiaio Julien (Jerzy Radziwiłowicz), che ricatta la ricca Madame X (Anne Brochet), incontra casualmente per strada Marie (Emmanuelle Béart), che aveva conosciuto un anno prima. I due si piacciono subito e Marie si stabilisce da Julien.
Vi sono lati oscuri nella vita di entrambi, non se ne fanno mistero, si riservano dichiaratamente i propri segreti. Attraverso poche battute, Rivette descrive i buoni sentimenti dei due, il desiderio represso di confessarsi, la cordiale gelosia, il bisogno reciproco.
L’amore non si fonda sulla conoscenza dell’amato. La relazione amorosa è radicata sui propri sentimenti, i cui effetti consistono nella pienezza della propria vita, tenerezza, passione, intesa, condivisione e rispetto della singolarità dell’altro. Rivette descrive un amore maturo, consapevole dei rischi dell’investimento affettivo, fra due persone che avevano già creduto di amare.
Vi sono lati oscuri nella vita di entrambi, non se ne fanno mistero, si riservano dichiaratamente i propri segreti. Attraverso poche battute, Rivette descrive i buoni sentimenti dei due, il desiderio represso di confessarsi, la cordiale gelosia, il bisogno reciproco.
L’amore non si fonda sulla conoscenza dell’amato. La relazione amorosa è radicata sui propri sentimenti, i cui effetti consistono nella pienezza della propria vita, tenerezza, passione, intesa, condivisione e rispetto della singolarità dell’altro. Rivette descrive un amore maturo, consapevole dei rischi dell’investimento affettivo, fra due persone che avevano già creduto di amare.
Per ciascuno c’è una storia d’amore alle spalle, e per ciascuno non conta. L’amico di Marie è morto, e la donna di Julien se ne è tornata in paese. Il simpatico gatto di Julien annuncia il motivo dell’anima incomprensibile, con cui si convive, prefigurando il personaggio di Marie. Il suo nome, Nevermore («Mai più», in ingl.), mutuato da «Il corvo» di Edgar Allan Poe, non serve a fare da spia all’originale significato della poesia del grande poeta americano: lo commenta differenziandosi, in una dimensione dell’amore che ritorna, non nella persona dell’ex di Julien, ma in quella di Marie. Al gatto sono dedicate alcune straordinarie sequenze del film. Il gatto è un animale tradizionalmente associato ai riti della rinascita e alle trasmutazioni delle streghe.
Storia di Marie e Julien è scandito in quattro parti, dai titoli che suggeriscono l’assorbimento del presente torbido dall’uno all’altra amante: «Julien», «Julien e Marie», «Marie e Julien» e «Marie». Il ricattatore iniziale viene, in «Julien e Marie», riconosciuto per tale da Marie che si offre di condividere l’iniziativa dell’uomo; la storia d’amore, turbata nella terza parte dall’idea che Marie sia una morta vivente, è talmente intensa che, scoperta la tragedia, Julien nella quarta parte preferisce uccidersi che vivere senza l’amata e viene salvato da lei. L’inquietante dell’altro è metafora della diversità fra l’ideale amoroso e la persona amata quale si va manifestando nell’esperienza.
Riassumendo un intreccio articolato, Marie è tornata in vita per riscattarsi di una colpa: aver fatto credere che la propria morte fosse stata causata dall’ex amante (cioè aver sostituito l’odio all’amore). Per riscattarsi Marie deve amare di un amore corrisposto. Non può farlo con l’ex, perché è morto. Julien è l’unico conosciuto in vita che Marie potrebbe amare d’un tale amore. Il guaio è che Julien, amandola, l’aiuta a riscattarsi, mentre Marie, conosciuto l’amore, non vuole privarsene.
L’intreccio corrisponde a una descrizione metaforica dell’introspezione psicologica degli amanti, per cui anche il ricatto apparentemente immotivato di Julien (a Madame X) è una metafora del suo rapporto con le donne in genere, alle quali, nella persona della ricattata, chiede gli venga elargito, in modo odioso, un riscatto.
L’intreccio corrisponde a una descrizione metaforica dell’introspezione psicologica degli amanti, per cui anche il ricatto apparentemente immotivato di Julien (a Madame X) è una metafora del suo rapporto con le donne in genere, alle quali, nella persona della ricattata, chiede gli venga elargito, in modo odioso, un riscatto.
I quattro personaggi principali del film (Julien, Marie, Madame X e Adrienne, sorella suicida di quest'ultima) intrecciano una quadriglia motivata dal riscatto, ai cui angoli estremi sono Julien e Adrienne. Quest'ultima presenta analogie inquietanti con l’ex di Julien, dalle taglie del vestiario al fatto che Julien, oltre ad avere i documenti che compromettono Madame X, ha la casa piena della roba della propria ex: non come se fosse andata via per sempre, ma come se non fosse mai tornata.
Questo non chiarisce che Adrienne sia l’ex di Julien, se non nei termini della strategia della dimenticanza di Julien (egli sembra davvero non conoscerla, come nel finale non riconoscerà Marie). L’ex di Julien potrebbe aver avuto la stessa sorte, al modo che l’ex datore di Marie, innamorato di lei, si era visto improvvisamente abbandonato dalla dipendente, senza aver saputo della sua morte.
Sono increspature della conoscenza queste che ci offre Rivette, con una logica di fondo fatta di continue corrispondenze, ma che non vuole essere esaustiva. L’amore non è riconducibile a teorie praticabili, benché siano potenzialmente praticabili le ricostruzioni amorose. È il voluto je ne sais quoi che l’articolazione giustificativa di Rivette rende ancora più vero.
Sono increspature della conoscenza queste che ci offre Rivette, con una logica di fondo fatta di continue corrispondenze, ma che non vuole essere esaustiva. L’amore non è riconducibile a teorie praticabili, benché siano potenzialmente praticabili le ricostruzioni amorose. È il voluto je ne sais quoi che l’articolazione giustificativa di Rivette rende ancora più vero.
Come in molti film di Buñuel, Storia di Marie e Julien si svolge all’interno di una cornice (un lungo sogno di Julien), con episodi onirici (e direi allucinatori) che si innestano nella narrazione (e nel sogno stesso, come nel «simile a chi sognando / desidera sognare» di Gozzano): alcuni esempi di questo tipo sono l’impiccagione tentata e quella eseguita di Marie, mentre quella tentata di Julien non è un inserto onirico (benché il tutto possa essere contenuto in un sogno), come si desume dalla presenza/assenza del dolcevita di Marie nelle scene.
Rivette riconquista al realismo, attraverso la cornice del sogno, una storia dai tratti e dai contenuti gotici, per cui, alla fine, benché Julien abbia solo sognato, la storia è stata comunque narrata, visto che, in fondo, quello che conta è che la storia sia solo percepita come figura, da Julien, da Marie, dallo spettatore. Peraltro, i sogni di Rivette (e quelli del Buñuel francese) si manifestano come tali nell’ambito della finzione e, nella forma, solo nella misura in cui presentano qualche elemento fattivamente incredibile, senza articolazioni oniriche consistenti tipiche del surrealismo, che rappresenta meglio, seppur simbolicamente, il sogno.
Rivette si affida a quel principio dell’arte che è l’esemplificazione, su cui poggia anche il naturalismo filmico, benché quest’ultimo non ne sveli le regole, continuando a fingere di raccontare storie reali. Non abbandona l’intensa esposizione drammatica, poiché ogni inserto onirico viene giustificato in una cornice realistica: le lunghe scene, inutili per l’intreccio, sono finalizzate sia a rappresentare, con un’estetica rigorosa, la solitudine della singolarità dei personaggi nell’ambiente che li ospita, i minuti gesti quotidiani della storia d’amore e la cura che ciascuno vi dedica, sia a permettere allo spettatore di ricostruire la storia senza il tipico espediente dell’inquadratura dei dettagli di tanto cinema realistico. Per questo Rivette fa un uso raffinatissimo della panoramica, scorrendo nella scena con la macchina da presa e indugiando su personaggi e ambiente.
La casa di Julien, in cui è ambientata buona parte del film, è il luogo che ospita l’amore, sospeso fra la vita e la morte, fra ciò che resta, ciò che è dimenticato e ciò che può offrire al futuro. È piena di orologi e stanze vuote. Julien insegna a Marie come riconoscere il perfetto isocronismo negli orologi. Il tempo riveste una funzione importante nell’economia simbolica del film, reso da continui rumori nel silenzio, ticchettio e suonerie, squilli improvvisi del telefono.
In Storia di Marie e Julien viene riproposto il taglio da film giallo, tipico della Nouvelle Vague, di cui Rivette è un fondatore. Tutto l’intreccio costituisce la trama da cui gli amanti sono costretti a districarsi. Vi sono diecine di situazioni di questo tipo, come vi sono diecine di ripetizioni variate (uso del doppio), tese a precisare, come i sosia in Dostoevskij, le differenze nelle somiglianze, poiché, hegelianamente, Rivette nega la ripetitività ed esalta le singolarità che si sviluppano e concretizzano nello snocciolamento degli eventi.
L’amore per Rivette non è un concetto astratto, esso si concretizza con due amanti che, con le loro singolarità, sentono il bisogno l’uno dell’altra per essere vivi. La storia d’amore è infatti orientata verso la vita, le cui metafore più evidenti sono la carnalità di Marie, rivitalizzata dalle lacrime e dal sangue, e il superamento dell’apatia della vita di Julien, che, come il protagonista de Lo straniero di Albert Camus, sembra dire: «Tout m'est égal», tutto mi è indifferente.
Elenco parziale delle situazioni da cui gli amanti sono chiamati a districarsi:
- dal ricatto di un’assassina che si rivela innocente;
- dalla propria gelosia che non ha motivo di tormentare;
- dall’abbandono per non sentirsi annientati;
- da una tendenza al suicidio che si rivela prodotta da un rapporto d’amore sbagliato;
- dai limiti del proprio corpo appassionato attraverso un linguaggio erotico da fiaba gotica;
- dalla propria incredulità che si rivela infondata;
- da un cappio pensato per sé e ritrovato intorno al collo dell’amato;
- dal sonno da cui provengono le voci dell’aldilà che ostacolano l’amore;
- dai propri segreti che si rivelano un punto di forza se scoperti dall’amato;
- dalla propria ignoranza del passato dell’altro che ne motiva le azioni;
- da un ultraterreno riscatto che si rivela meno importante dell’amore;
- da un futuro determinato che si rivela non essere un destino.
Un elenco esemplificativo dell’uso del doppio:
- gli incontri separati di Julien con due sconosciute all’inizio del film;
- il rischio penale per la donna ricattata e per l’amante di Marie;
- le due visite della ricattata a Julien all’inizio e alla fine del film;
- la visita inaspettata della ricattata e quella di Marie da Julien;
- le due cifre del ricatto di Julien;
- il gatto e Marie amati da Julien;
- la doppia telefonata di lavoro a Julien;
- i due appuntamenti mancati di Julien;
- i luoghi dei primi due appuntamenti tra Julien e Marie;
- la telefonata di Julien per trovare Marie seguita da quella anonima che gli dice dove trovarla;
- gli ex di Julien e Marie;
- la stanza dell’ex di Julien e la stanza di Marie;
- la doppia stanza di Marie;
- le due donne della fotografia;
- la doppia incomprensibile dichiarazione amorosa di Marie a Julien;
- le due donne che Marie incontra a causa di Julien;
- le due suicide che devono riscattarsi;
- la morte di Marie e quella del suo ex;
- la donna ricattata e Julien che devono riscattare le suicide;
- i due incontri di Marie con la donna ricattata;
- i due abbandoni di Julien da parte di Marie;
- i due contatti di Julien con l’ex datore di lavoro di Marie;
- Julien e l’ex datore innamorati di Marie;
- i due uomini che Julien incontra a causa di Marie;
- le due impiccagioni di Marie;
- il tentativo fallito di impiccarsi di Marie e quello di Julien;
- la comparsa dell’arma da taglio all’inizio e nel finale;
- la doppia ferita che il coltello infligge agli amanti;
- le due ferite esangui di Marie;
- la ferita insanguinata di Julien e quella di Marie;
- la ripetizione finale dell’evanescenza di Marie.
Il film è sostenuto dalle straordinarie doti interpretative di Radziwiłowicz, capace di bilanciare con maestria ruvidità, risolutezza, amorevole pazienza e disincantato brio, affiancato dalla determinazione contrastata, ironica e delicata di Emmanuelle Béart e dall’elegante espressività di Anne Brochet, in lunghe sequenze gestuali e di mimica facciale, e in continue variazioni dei registri stilistici, dal naturalistico all’espressionistico, dall’intimistico al brillante, al melodrammatico. Questo, benché l’impegno interpretativo sia sacrificato dalle esigenze del linguaggio filmico di Rivette, che, per esempio, stacca il continuo del pianto di Marie nel montaggio, a ricordarci che il film è solo una figura, non la registrazione di un evento reale.
Nel finale assistiamo al superamento della misoginia di Julien e all’accettazione del vero amore da parte di Marie, un'occasione da non perdere che nulla ha a che vedere con l’odio che l’aveva spinta al suicidio, che, in quanto figura, svolge una funzione non letterale, ma metaforica dell'esperienza amorosa. La storia stessa dell’amore vero e di quello sbagliato si regge sul doppio: senza gli opposti non c’è progresso, e senza progresso non esiste la vita. Nella sua cornice onirica ed esteticamente suggestiva, Storia di Marie e Julien è anzitutto un acuto film esperienziale.
[pubblicato su Notizie in... Controluce, n. XIV/11, novembre 2005, p. 27 e n. XIV/12, dicembre 2005, p. 28.]
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